«Ci aspettavamo una ordinanza che facesse chiarezza su cosa poteva aprire e cosa no e invece ci troviamo tra le mani un’ordinanza che in molte materie demanda ai sindaci, senza nemmeno consultarli, creando il pericolo di una enorme confusione».
Gli attivisti di Caminera Noa prendono posizione sull’ordinanza del governatore, Christian Solinas, ritenendo, tuttavia, «positivo un parziale alleggerimento di alcune attività ormai al collasso».
«Non si scherza – proseguono gli attivisti – con la vita e la tasca delle persone, già messe a dura prova anche da molto prima dello scoppio della pandemia. Per cui sosteniamo tutti gli elementi di apertura razionale contenuti nell’ordinanza, come per esempio la possibilità di riaprire i mercati rionali, la possibilità di tosatura degli ovini e la raccolta del foraggio, fondamentale per la pastorizia, e la riapertura di molti servizi e attività».
«Ci chiediamo però il criterio per cui alcuni riaprono dal 4 maggio e altri dall’11. È ipocrita ignorare che le Regioni ricche del nord, con una densità abitativa 7-8 volte superiore alla nostra e con una curva del contagio spaventosamente superiore, non si sono mai fermate. Il nord dello Stato non ha mai chiuso. Dopo il DPCM che chiudeva tutte le “attività non essenziali” sappiamo bene come è andata: il presidente di Confindustria Boccia ha corretto il decreto raddoppiando i codici delle “attività essenziali” e soprattutto ha inserito il dispositivo delle deroghe in autocertificazione, senza alcun controllo da parte dei prefetti. Ovviamente la maggior parte delle riaperture è avvenuta al nord, perché lì si concentra la produzione industriale. Gli effetti sono stati drammatici: solo per fare un esempio i contagi da Covid-19 sul lavoro in Lombardia sono il 35,1%, in Sardegna l’1,3».
«Ci sono anche aspetti ridicoli nell’ordinanza, tipo la pesca sportiva se viene interdetto l’accesso alle spiagge, ivi compresa la battigia – aggiungono -. Ridicola e inquietante è anche il via libera alla messa, quando per i cittadini sardi permane il divieto di manifestazione del proprio pensiero politico o il proprio dissenso. Sarebbe stato doveroso e giusto o vietare o permettere entrambe le manifestazioni».
«Riteniamo che Solinas – questo il loro punto di vista – debba assumersi le sue responsabilità, non basta delegare ai comune. Deve dire chiaramente cosa si può fare e cosa no e in quali condizioni. Poi deve istituire un filo diretto con i sindaci e le amministrazioni locali nel caso in cui la curva dei contagi dovesse aumentare per programmare una chiusura tempestiva. Riteniamo anche che debbano essere date precise disposizioni alle forze di polizia perché cessi immediatamente il clima di caccia alle streghe, di persecuzione, di intimidazione e persino di violenza a cui abbiamo assistito fino ad oggi. Aggiungiamo anche che la cosiddetta autocertificazione ha raggiunto livelli di ambiguità e inutilità veramente imbarazzanti e che sarebbe l’ora di archiviarla».
«Se lo Stato dovesse impugnare l’ordinanza regionale – concludono da Caminera Noa – siamo pronti a scendere in piazza e a violare il cosiddetto lockdown. Questo perché sappiamo che se la delibera è largamente imperfetta, la linea delle regioni del nord, che fino ad ora è stata linea del Governo, vorrebbe per la Sardegna, per la Sicilia e per il sud in generale la serrata totale. Una delibera regionale si può riscrivere. La sottomissione ai padroni del Lombardo-Veneto no».