Vi è mai capitato di essere attratti da un libro ma di sapere quasi con certezza di non essere pronti a quella storia e a quelle parole? A me succede spesso e in particolare con il libro che vi consiglio oggi. Ci sono voluti quasi 3 anni per decidermi a metterlo sul comodino. Si tratta de L’Arminuta di Donatella di Pietrantonio, premio Campiello 2017.
Un romanzo travolgente, intenso, delicato e duro allo stesso tempo, che tocca e riesce a far convivere nelle stesse righe temi importanti come famiglia e abbandono, un testo che non vi lascerà certo indifferenti.
La storia, ambientata in Abruzzo, narra di una bambina ” restituita” alla sua famiglia di origine che non sapeva neanche di avere. L’Arminuta infatti (la ritornata dal dialetto abruzzese) si ritroverà all’età di 13 anni catapulta in una nuova realtà e a perdere nel giro di pochi istanti tutto ciò che ha: casa, amiche più care e soprattutto l’amore dei suoi genitori o meglio di quelli che credeva fossero i suoi genitori.
Ad aprirle quella porta sconosciuta, in un caldo pomeriggio estivo, sarà una bimba con gli occhi stropicciati, mal vestita e le trecce disfatte, Adriana, la sorella che non aveva mai conosciuto. Così con una valigia in una mano e una busta di scarpe nell’altra la protagonista fa il suo ingresso nella nuova casa che appare da subito troppo buia e spoglia, con poco cibo sulla tavola per le troppe bocche da sfamare, si ritroverà infatti a vivere con tanti fratelli e due nuovi genitori troppo presi dal mandare avanti quel plotone e molto poveri non solo di denaro ma anche e soprattutto di cultura e sentimenti.
“Ripetevo la parola mamma cento volte, finché non perdeva ogni senso ed era solo una ginnastica delle labbra. Restavo orfana di 2 madri viventi. Una mi aveva ceduta con il suo latte ancora sulla lingua, l’ altra mi aveva restituita a 13 anni. Non sapevo più da chi provenivo”.
Per tutto il libro l’ Arminuta si pone una serie domande : cosa spinge una madre a dare la propria figlia di soli 6 mesi a un’altra? E cosa porta la madre adottiva a restituirla al mittente anni dopo? E con tutti questi interrogativi senza risposta cerca piano piano di adattarsi come può a quella nuova situazione, occuparsi tutto i giorni delle faccende domestiche, dividere cibo, stanza e letto, relazionarsi con i nuovi fratelli, in particolare con Vincenzo, il maggiore, che la guarda già come se fosse una donna.
L’unica luce di salvezza in tutto questo buio è proprio Adriana, la sorella più piccola. Con lei riuscirà, non senza problemi, a cercare di andare avanti, e con lei infatti che trascorrerà il resto delle giornate e da lei che conoscerà usi e costumi del nuovo paese ed è grazie a lei che scoprirà i segreti di quella casa e quindi la verità del suo triste abbandono.
Lo consiglio perché tratta di un tema importante come la maternità, una maternità diversa che distrugge tutte le basi sulle quali dovrebbe essere fondata. Lo consiglio soprattutto alle amiche lettrici perché anche se non tutte siamo madri siamo comunque figlie. Lo consiglio perché parla di resistenza al dolore, un dolore superato grazie ad una sorella che non sapeva neanche di avere.
Con questa storia struggente, la scrittrice, ci vuole dire che ogni cosa buia può essere illuminata basta trovare la nostra ancora di salvezza che può essere una persona come in questo libro o qualsiasi altra cosa ci riporti il sorriso.
Concludo con una frase del libro che mi ha colpita profondamente.
“Ero L’ Arminuta, la ritornata. Parlavo un’altra lingua e non sapevo più a chi appartenere. La parola mamma si era annidata nella mia gola come un rospo. Oggi ignoro che luogo sia una madre, mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza”.