Fra le donne speciali che in Sardegna hanno tracciato il solco della storia e che sono state velocemente dimenticate , troviamo Marianna Bussalai, che condusse tenacemente due battaglie coraggiose e ambiziose: quella per l’emancipazione femminile e quella per l’autonomia dell’Isola.
Raccontare la storia di Marianna significa narrare sia la storia dell’affermazione di un’identità culturale sarda che dell’emancipazione non solo come crescita personale ma come maggiore libertà per tutte le donne.
Donne che, specialmente nella realtà sarda, sono state sempre presenti ed attive, ma purtroppo invisibili, relegate al ruolo domestico, emarginate dalla vita sociale e culturale, salvo alcune eccezioni come Marianna che, con coraggio, forza e determinazione rompe gli argini sociali dell’epoca e lotta anche per tutte le altre donne.
Marianna Bussalai, nasce a Orani, piccolo paese nel cuore della Barbagia, in provincia di Nuoro, nel 1904 da una famiglia agiata. Orfana di madre a 5 anni, cresce, insieme alla sorella, con la zia Grazietta; il padre, ufficiale postale, si trasferisce per lavoro prima a Nuoro e successivamente a Porto Torres. Sembra che una brutta caduta da piccola le procuri una deformazione al torace che compromette per sempre la funzionalità respiratoria. Passa di conseguenza la maggior parte della sua vita chiusa in casa.
Non può frequentare la scuola che lascia subito dopo la quarta elementare. Da autodidatta si costruisce una cultura, non solo letteraria ma anche politica e filosofica. Diventa maestra di chi vuole emanciparsi dalla sofferenza della povertà e dell’ignoranza. Capisce che solo l’istruzione, la cultura, la potenza della parola consentono di abbattere quelle quattro mura che impediscono tuttora alle donne di esserci, di uscire dall’autoesclusione, anche se oggi i limiti sono quelli invisibili, ancor più terribili e vincolanti, del non riconoscimento e della negazione.
Diventa scrittrice, poetessa, traduttrice, al contempo leader politica: fu la prima, sardista ante litteram, a scrivere “Sardigna no est Italia”. Come traduttrice avrebbe voluto portare in “limba” la Divina Commedia, per “offrire al popolo sardo – scriveva – la possibilità di leggere e meglio comprendere l’opera”.
Scrive poesie in italiano e, facendosi cullare dai suoni della lingua sarda, poesie in “limba”. Sono conosciuti i suoi “Mutos e Mutetos” in lingua sarda soprattutto quelli ironici e satirici con cui ridicolizza il fascismo e i fascisti, compresi i gerarchi locali e Mussolini stesso. All’antifascismo, al sardismo e all’amore smisurato per l’autonomia e la libertà dedicò tutta la vita.
Durante il ventennio diventa punto di riferimento per i sardisti e per tutti gli antifascisti. Prima donna a partecipare ai congressi del Partito Sardo d’Azione, porta sempre come delegata le istanze delle donne, dei minatori, dei pastori e dei contadini.
La sua casa diventa il luogo ideale per riunioni di partito, riflessioni, incontri segreti, dibattiti, letture e scritture.
“Il mio sardismo – scrive – è nato prima che il PSd’Az sorgesse cioè da quando, sui banchi delle elementari, mi chiedevo umiliata perché nella storia d’Italia non si parlasse mai della Sardegna. Giunsi alla conclusione che la Sardegna non era Italia e doveva avere una storia a parte”. La sua militanza nel PSd’Az è perciò naturale, scontata, come la sua devozione nei confronti di Emilio Lussu che nasconde sotto una botola in casa sua perché non venga catturato dai fascisti e con cui mantiene una duratura amicizia con scambi epistolari frequenti, anche durante l’esilio di Lussu a Parigi.
Ha contribuito al percorso di un popolo, soprattutto quello femminile: dalla ricerca dell’identità, all’alfabetizzazione. E forse proprio perché donna, Marianna, nonostante sia stata un punto di riferimento nella storia della Sardegna, viene citata poco o niente nei libri di storia.
A raccontare Marianna Bussalai, da tutti i paesani chiamata “Mariannedda de Sos Bator Moros”, ci pensa Francesco Casùla, professore di storia e filosofia, profondo conoscitore della storia sarda, in un libro interamente scritto in sardo dedicato a lei nel 2007: “Marianna Bussalai” (coautrice Giovanna Cottu), Alfa Editrice.
“Perché ho voluto dedicarle un libro? – racconta Casùla – Perché è una donna “de gabbale” (valente, di valore) e le donne in Sardegna hanno sempre esercitato un ruolo essenziale non solo a livello familiare e sociale, ma anche a livello economico e culturale. Ma di loro i libri non parlano mai. A iniziare dai libri di storia.”
Mariannedda de sos bator moros, “donna de gabbale”, straordinaria figura di femminista, sardista e antifascista; poetessa, traduttrice e intellettuale di valore, morì a soli 43 anni, nel 1947, poco prima che la Sardegna, con l’approvazione dell’art.116 della Costituzione della Repubblica, venisse riconosciuta, se non indipendente come ambiva e per cui si era battuta per tutta la vita, Regione Autonoma a statuto speciale.
Una breve vita, una storia breve, “una vita di battaglie personali e sociali ostacolata da una realtà sociale, politica e religiosa. Una vita rallentata e limitata da una condizione di salute precaria e soprattutto una vita destinata all’oscurità per essere nata donna dove le differenze di genere, più che mai, segnavano il divario tra i ruoli in società… una condizione di perenne emarginazione dalla vita sociale e culturale; essere donna era quel vincolo creaturale, quel dato antropologico ineliminabile al quale ci si sottometteva con un assenso passivo”. Scrive così Marta Brundu nella tesi di laurea dedicata alla sua compaesana nel 2005.
Rovistando fra le carte ingiallite dal tempo ma ancora attuali, ascoltando le parole di chi l’aveva conosciuta e della sorella Ignazia ancora vivente, frugando nel baule all’interno della sua casa Marta riporta alla luce la figura dimenticata, ormai indimenticabile, della “Donna de sos Bator Moros”.