“Eravamo consapevoli che il voto alle donne costituiva una tappa fondamentale. Non saremmo state più considerate casalinghe o lavoratrici senza voce, ma fautrici a pieno titolo della nuova politica italiana”.
Sono queste le parole riportate sulla targa presente dal 2016 (a 70 anni dal diritto di voto alle donne) nella sala consiliare del Comune di Orune, in memoria della sua prima sindaca, Margherita Sanna.
Il cammino verso la parità fra donne e uomini appare a tutt’oggi lungo e ancora in salita, ma se lo possiamo percorrere è grazie alle donne come Margherita Sanna che ne hanno aperto la porta.
Margherita nasce ad Orune, in provincia di Nuoro, il 13 febbraio 1904 da una famiglia di pastori molto numerosa. Il suo desiderio di conoscere e di imparare convince i genitori a farle continuare gli studi a Sassari dove prende il diploma di ragioniera. Ottiene un lavoro in banca ma le viene preferito un uomo
E’ questo il primo muro contro cui si scontra come donna e che farà nascere in lei un attivismo politico nell’ambito delle lotte per l’emancipazione femminile. La sua reazione è continuare a studiare e realizzare il suo sogno di diventare insegnante, si trasferisce a Cagliari dove prende il diploma da maestra. Ritiene l’istruzione un’arma potente per partecipare alla costruzione di una nuova società, più giusta e rispettosa della dignità della donna.
Inizia a mettere in pratica le sue doti di educatrice in Barbagia e, nonostante le difficoltà del periodo, cerca di risollevare le sorti del suo popolo che si è appena ripreso dalla prima guerra mondiale ed è già nel pieno del fascismo e del secondo conflitto bellico.
E’ convinta che istruzione, legalità e politica possano dare una nuova identità al progresso della sua gente e si batte con tutte le sue forze per realizzarla: manca però una cultura del cambiamento e Margherita è pronta a costruirla: “ Ho sempre fermamente voluto che ognuno sia cosciente della propria autonomia di pensiero e sono convinta che dal confronto e dal dibattito nasca la democrazia”.
E’ forte la sua ansia di riscatto per la condizione femminile; si prodiga ad aiutare le mamme che ricorrono a lei per consigli e aiuti anche materiali. Organizza corsi di educazione per la donna/madre anche al di fuori della sfera domestica, avvia conferenze, dibattiti, volontariato fra le donne e per le donne dell’area montana della Barbagia settentrionale.
Questi suoi interventi a favore della formazione delle donne cominciano a diffondersi, il suo attivismo preoccupa il regime fascista che la segnala più volte come “appartenente al gruppo degli oppositori nuoresi” e la inserisce nel Dizionario Biografico degli antifascisti sardi. E’ costretta suo malgrado e pur di continuare a lavorare, a compiere formale adesione al Partito Nazionale Fascista anche se si autodefinisce “afascista” e contraria alle idee di Mussolini.
Sono molti ormai, anche fuori del limitato perimetro della Barbagia, i politici e i vescovi che ricorrono a lei quando si tratta di formazione della donna, e questo aspetto preoccupa ancor di più il regime. Nei primi giorni del 1943 è arrestata e condotta al carcere del Buoncammino di Cagliari con l’accusa di attività di spionaggio a favore degli inglesi (“perfida Albione”) solo perché parla la loro lingua.
Il carcere sarà molto duro con Margherita che non saprà mai ufficialmente quale motivo, o meglio pretesto, la allontanò dal suo cammino di emancipazione completamente diverso dal percorso della politica locale.
Tornata in libertà per l’interessamento di un alto prelato, continua il suo impegno con più forza e convinzione; veicola il dissenso politico e successivamente il consenso e la fiducia della massa con le sue parole e i fatti.
Nel 1946, anno cruciale in cui si affermano le associazioni femminili fondamentali nelle conquiste sociali verso l’emancipazione femminile, Margherita, con un risultato quasi plebiscitario, è eletta sindaca, carica che otterrà per tre legislature consecutive. E’ eletta al Consiglio Provinciale nel 1956 dove ricopre la carica di assessore all’Assistenza per due legislature.
Margherita è instancabile ed assidua nella sua lotta per l’emancipazione femminile: durante i suoi mandati costruisce il lavatoio comunale affinché le donne non debbano essere più costrette ad allontanarsi per le stradine di montagna per raggiungere il torrente; dà vita ad un ambulatorio pediatrico e ad un asilo nido; ripara le scuole e istituisce la mensa scolastica. Crea inoltre nuove opportunità di lavoro realizzando la prima società cooperativa di pastori della Sardegna. Nel 1964 è di nuovo eletta prima cittadina di Orune fino al 1966 quando si dimette per motivi di salute.
La sua notorietà varca il mare, ottiene riconoscimenti anche fuori della Sardegna. Carlo Levi, grande scrittore, autore dell’opera di denuncia “Cristo si è fermato ad Eboli”, la cita nel suo capolavoro “Tutto il miele è finito” scritto nel 1964: “dal Municipio – era il 1962 – uscì una donna dai capelli grigi, avvolta in uno scialle da contadina: era il sindaco di Orune!”.
Levi è colpito da questa donna che lotta per un mondo migliore, educatrice rigorosa e ferma ma nel contempo giusta, forgiata nel carattere da un passato drammatico, imprigionata dal regime fascista per il suo attivismo politico e le regala un’immortalità che va ben oltre la sua scomparsa il 19 marzo 1974.
Il poeta Mauro Cherchi, in occasione dell’apposizione della targa nel Municipio di Orune nel 2016, le dedica alcuni versi “in Limba”: “Sa prima sindachessa de Sardigna,/ Orune ti s’ammentat semper digna,/ Margherita ca sa fama s’est annunta,/ de Orune sias meta ‘cada giunta”.