La prima azione importante per ogni immigrato è imparare la lingua locale o perlomeno alcune parole o frasi che possano comunicare efficacemente a chi ti circonda che non sei proprio di passaggio. Ovviamente questa regola vale anche in Sardegna.
Così, dopo aver trascorso molte serate nei bar studiando il teorema dei giri e le tecniche per gestire la staffa mi sono dedicato all’aspetto linguistico. Presto ho realizzato che la domanda “ma come si dice questa parola in sardo?” ha un minimo di sei risposte: in campidanese, logudorese, gallurese, barbaricino, catalano – però quello antico – e anche in genovese – ma quello di Pegli.
Visto il numero di lingue e dialetti, ho preferito che fosse il caso a decidere quali espressioni e termini avrei dovuto apprendere. Anche se non sono un grande sportivo, quasi subito ho imparato che la canadese è la tuta da ginnastica.
Ora sto cercando di capire come si dice “piccola tenda da campeggio a 2 o 4 posti, in teoria semplice da montare”.
L’imperiale non è un’antica moneta dei tempi di Giulio Cesare e nemmeno un’unità di misura medievale, è più semplicemente il portapacchi dell’auto. Ancora non ho capito se anche il portapacchi della Vespa è imperiale o se ha un rango inferiore. Forse potrebbe chiamarsi il ducale.
In Sardegna un paio di scarpe sono ovviamente due ma un paio di uova è un numero compreso tra 2 e infinito; un esempio molto efficace di “paio che tende all’infinito” è il numero di bottiglie che vengono aperte quando gli amici ti invitano a bere un paio di birrette.
Ho capito che l’autobus si chiama tram e il tram si chiama Sirio. Ora devo scoprire qual è il vero nome del treno.
Un utilizzo interessante è riservato al verbo volere. Solitamente la volontà è una prerogativa delle persone, in Sardegna però viene comunemente estesa anche alla cose ma in modo passivo. Vediamo alcuni esempi: “Il nuovo tatuaggio di Francesca non vuole visto”, “Questa canzone non vuole sentita”. La volontà passiva può essere espressa non solo dagli esseri umani ma anche dagli animali… e miracolosamente anche da quelli che non sono più tra noi: “Il maialetto vuole cucinato sulla brace”.
In Sardegna è possibile togliere una cosa e contemporaneamente condividerla con gli amici: “Eravamo a casa di Antonio e a un certo punto ha tolto una bottiglia di vino per brindare alla sua promozione”.
Ma la domanda più importante a cui non sono ancora riuscito a dare una risposta non si riferisce alla lingua ma alle case: ma perché in Sardegna l’interruttore per accendere la luce si trova all’interno delle stanze?
Forse però il tasto si trova all’esterno solo nelle case del luogo dove è iniziato il mio viaggio: la Pianura… Panada.