“Sa Die de sa Sardigna è nata per essere luogo di incontro e di confronto, di fiducia e di speranza, una giornata in cui la normale dialettica politica, spesso caratterizzata da forti contrapposizioni, lascia spazio al dialogo costruttivo. Così è stato in tutti questi anni e così deve essere oggi. I tempi difficili che stiamo vivendo richiedono a tutti noi uno sforzo unitario, ispirato alla memoria storica e all’insegnamento dei nostri padri, nella convinzione che solo la conoscenza e la consapevolezza del proprio passato possono essere il fondamento di scelte meditate per il futuro”.
E’ stato il presidente del consiglio Michele Pais a dare il via alla seduta solenne dedicata a “Sa die de sa Sardigna” questa mattina a Cagliari. Una mattinata incentrata sulla necessità di reagire, risollevarsi dalle criticità legate alla pandemia e durante la quale gli interventi che si sono susseguiti hanno onorato i Vespri sardi dell’aprile del 1794 che “portarono a maturare un condiviso spirito di ribellione nei confronti, allora, dei dominatori piemontesi. È la giornata in cui ricordiamo i nostri eroi: Giommaria Angioy, Michele Obino, Francesco Cilloco”, ha precisato il presidente Pais.
Lo spirito identitario, emerso durante gli interventi dei presidenti di consiglio e regione e dei diversi capigruppo, ha segnato la volontà di esaltare tradizioni, senso di comunità e volontà di emergere dopo il lungo silenzio patito durante le restrizioni imposte per l’emergenza Covid-19.
“È l’occasione per mostrare la determinazione della nostra terra che, pur segnata da sofferenze e secoli di dominazioni, è riuscita a mantenere immutati i suoi caratteri originali con una propria lingua e una cultura di radici antichissime. Su queste solide basi si fonda il nostro agire quotidiano, questo patrimonio di conoscenze ci dà la forza di affrontare senza paura le difficoltà del presente”, ha sottolineato Pais. “Tutti gli eventi inaspettati e sconvolgenti, lo dice la storia, portano a inevitabili trasformazioni offrendo opportunità che, se sapute cogliere, ci consentiranno di costruire un futuro migliore. Questo virus, con il suo carico di lutti e di sofferenze, ha risvegliato il nostro spirito comunitario, sopito pulsioni individualistiche e innescato una spontanea catena di solidarietà. Come nel 1794, la Sardegna fa fronte comune. Il nemico da scacciare sembra oggi più resistente e determinato ma sono sicuro che oggi, come allora, il popolo sardo unito riuscirà a vincere la sua battaglia”, ha concluso il presidente Michele Pais.
L’identità, secondo Solinas, è oggi ancora più importante per affrontare le difficoltà del presente: «L’identità collettiva è il risultato di una tradizione che si rinnova, nella mentalità e nella comunicazione ma sempre con il passo che arriva da un modo di vivere senza fretta e che rappresenta la lente con la quale guardiamo il mondo e noi stessi. Pur nelle difficoltà – ha proseguito il presidente Christian Solinas – questa esperienza servirà a disegnare una nuova identità collettiva, adeguandola alla nuova realtà globale, al continuo confronto tra culture e bisogni messi in luce dallo sviluppo delle nuove tecnologie. La lezione di questo tempo conferma il bisogno di mettere a confronto il grande patrimonio delle diversità, prendendo coscienza della nostra identità. L’omologazione non conviene a nessuno. La convivenza globale, nel rispetto reciproco delle differenti esperienze è invece l’orizzonte migliore al quale i sardi devono guardare. L’identità che nasce dall’autocoscienza è il risultato di un confronto che riconosce le diversità e ne rispetta il valore».
E il segnale concreto verso l’affermazione della nostra identità Solinas lo intravede nella parola, la lingua madre che unisce e certifica il nostro esser sardi.
“Dobbiamo avere il coraggio e la forza di restare noi stessi salvaguardando il primo elemento della nostra esistenza: la parola. Ciò vuol dire che occorre restituire ai sardi la loro lingua materna. Il nostro modo di comunicare è fatto di silenzi e di espressioni chiare. Ciò non vuol dire non comunicare ma esprimere con poche parole il senso profondo del nostro sentire senza rimangiarsi le cose dette – ha sottolineato – La lingua sarda ha voce e suono, canta, e il suono ha lo stesso valore del significato della parola. Parlare in sardo significa scegliere un modello alternativo di sviluppo, una crescita a vantaggio di chi vive nella nostra terra. Oggi possiamo parlare in modo diverso rispetto al passato e raccontare un nuovo mondo di libertà. Oggi che stiamo per tornare liberi dopo settimane di quarantena lo dobbiamo fare con fede e speranza. Solo così si potrà ricostruire ciò che è stato distrutto dall’emergenza virus. Dobbiamo indicare una via per la rinascita del popolo sardo. Lo dobbiamo fare ripartendo da qui, da Sa Die de sa Sardigna che ci porta valori comuni di unità e di condivisione».