La prima decisione che ha fatto capire all’Italia la gravità della pandemia è stata la chiusura della scuola. Bambini e adolescenti hanno lasciato le aule scolastiche e proseguito la loro formazione e crescita con la D.A.D – didattica a distanza – nel tavolo di cucina.Oggi a distanza di circa tre mesi la vita riprende quasi per tutti – campionato di calcio compreso – ma da questa ripartenza è esclusa la scuola. Ecco che tre maestre di Torpè, Siniscola e Budoni in seguito ad un aperto cofronto con numerosi colleghi hanno raccolto le maggiori criticità dell’emergenza scolastica e attraverso una petizione chiedono di affrontare con più interesse e attenzione la formazione delle nuove generazioni.
“La scuola ‘a distanza’, non è per tutti – spiegano Giovanna Magrini, Lourdes Ledda e Daniela Marras – è per i pochi che possiedono i mezzi e un adeguato supporto famigliare; non raggiunge coloro che, anche tra i banchi, faticano a seguire; è un blando palliativo che consegna solo nozioni e dimentica le relazioni, non contemplando quanto di più educativo ci sia dentro una classe, tra i corridoi, in una palestra o in un cortile scolastico: il rapporto umano. La privazione, subita dai bambini, di una socialità indispensabile, del contatto diretto con compagni e docenti, non può, infatti, venir compensata da dei, pur ingegnosi, “tele-docenti”!”, specificano le insegnanti.
- abbattendo il numero degli alunni per classe
- fornendo adeguate risorse per il proprio funzionamento
- prevedendo un piano straordinario per l’edilizia scolastica
- garantendo il diritto allo studio con trasporti, convitti, mense
- assumendo tutto il personale precario, docente e Ata”