Anche in Sardegna c’è allarme per il settore apistico. Una crisi dovuta, non solo all’emergenza Coronavirus, ma anche al clima un po’ pazzerello. «Un inverno caldo e siccitoso con le gelate primaverili – ha sottolineato Giovanni Murru presidente provinciale di Coldiretti Oristano – hanno creato serie difficoltà agli alveari. Le api hanno scarse possibilità di raccogliere il nettare e il poco miele prodotto lo utilizzano come alimento. Una situazione comune in tutta la Penisola con aree dove comunque si riscontrano produzioni più elevate rispetto allo scorso anno». «La presenza delle api rappresenta un indicatore rilevante dello stato di salute dell’ambiente – ha aggiunto -. La loro opera è fondamentale per la primaria funzione di salvaguardia della biodiversità e nel lavoro degli agricoltori con l’impollinazione delle colture ortofrutticole e sementiere. Si calcola che una singola ape visita in genere circa 7000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. Secondo la Fao, 3 colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, le angurie ed i meloni. Una situazione che va monitorata con attenzione». A essere a rischio è la produzione del miele. A detta di Orlando Oliva dell’ Azienda Agricola Monte Arci, apicoltore professionale di Marrubiu, segretario della Associazione regionale Apiaresos e presidente dell’associazione Agri mercato Campagna Amica Oristano, «l’annata 2020 per l’ apicoltura sarda è iniziata davvero male. Un inverno molto caldo e una primavera siccitosa – afferma – rappresentano fattori climatici che hanno portato a una scarsa secrezione nettarifera e conseguente riduzione dei raccolti primaverili che, in molte zone, si stima possa sfiorare l’80%. L’ ennesima mazzata per gli apicoltori sardi che attendono ancora gli aiuti per la siccità 2017 , promessi e ancora fermi al palo». Oliva anche fatto un appello a una maggiore attenzione verso le etichette: i prodotti provenienti dall’estero sono spesso di bassa qualità. Consumiamo mieli sardi e nazionali che rappresentano garanzia di qualità, verificando l’origine in etichetta o rivolgendosi direttamente ai produttori, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica. Aggiungasi che il miele prodotto sul territorio nazionale è “Ogm Free” (a differenza ad esempio di quello Cinese), riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. Attenzione alla indicazione “Italia” che deve essere presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale. Nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della Ce. Se invece proviene da Paesi extracomunitari deve contenere la scritta “miscela di mieli non originari della Ce, mentre, se si tratta di un mix, va scritto “miscela di mieli originari e non originari della Ce».
Sardegna: la crisi del settore apistico
