Prosegue il nostro racconto sui patrimoni edili abbandonati. Si può dire che è tanto facile trovarli quanto dimenticarli. Costeggiano le nostre strade, a un passo dalle nostre case. Strutture imponenti che rimangono invisibili. A volte catturano l’attenzione, fanno sorgere quesiti, curiosità e dubbi che poi svaniscono, privi di risposte.
Quest’oggi Corriere Sardo ha voluto mettere la lente d’ingrandimento su un gigante addormentato che si affaccia su via Predda Niedda. Parliamo dell’ex semoleria Azzena. L’immenso complesso sorge a fianco del centro sportivo “Dopo Lavoro Ferroviario”, poco dopo il sottopassaggio e le ex concerie Costa, protagoniste del servizio di ieri. Impossibile non notare la grande struttura che fa fronte al cimitero comunale, mentre nell’altro lato costeggia una piccola stradina che la separa dal centro commerciale Tanit. L’immagine è quella di un vecchio fabbricato, vuoto, senza vita, senza un perché. Vetrate rotte, erbacce negli spazi esterni. Simbolo di decadimento urbano. Su un container nel cortile compare un graffito: “hope”, speranza. Termine azzeccato a cui rimanere aggrappati con le unghie.
La storia della semoleria è interessante. Dobbiamo tornare indietro nel tempo, fino al 1898, quando Salvatore Azzena prese in gestione la produzione, conducendola al meglio per diversi decenni. Dopo la Seconda Guerra Mondiale un lento declino fino alla chiusura dei battenti, lasciando a un destino sconosciuto un’area di poco più di un ettaro, con cinque corpi di fabbrica, compresi tre imponenti silos.
Gli ex mulini Azzena per diversi anni sono stati al centro del dibattito comunale e universitario. Infatti l’Ersu già nel 2012 aveva intenzione di realizzare un campus universitario proprio in quell’area, di proprietà della Cator Srl. Un progetto da 36 milioni di euro che avrebbe visto la realizzazione di un dormitorio all’americana, con 500 posti letto, biblioteche, aree verdi, servizi, piscine, spazi per lo sport. Alla fine dopo un lungo batti e ribatti durato tre anni, tra Ersu, Cator e Comune, i progetti si sono trasformati in nulla di fatto. Un buco nell’acqua che negli anni non ha trovato soluzione. Anche in questo caso la semoleria fa parte del Piano Urbanistico Comunale. Nella carta di riferimento del PUC risalente ad ottobre 2014 è presente il progetto norma con tutte le prescrizioni, in cui si specifica di conservare l’impianto architettonico originario, con interventi di restauro e di recupero degli organismi edilizi <<da salvaguardare nella loro integrità>>. Demolizione e ricostruzione, invece, per le parti incongrue.
Con gli anni tutto è caduto nell’ombra. Un punto di incontro concreto non è mai stato raggiunto. L’Ersu ha cambiato obiettivo, il Comune ha cambiato amministrazione, nessun privato o istituzione ha più espresso idee, progetti, semplice interesse per una nuova destinazione d’uso. Per sradicare un edificio ultra centenario dalle sabbie mobili.