Ancora nessuna risposta, all’orizzonte un’altra Commissione Parlamentare d’inchiesta: l’ennesima battaglia per i familiari delle vittime della strage del Moby Prince. Sarà infatti depositato in Parlamento un Disegno di legge per istituire un nuovo organo d’inchiesta, che riparta da dove la precedente Commissione si era fermata nel 2018. I risultati ottenuti dalle indagini avevano condotto i parenti a impugnare una causa civile di risarcimento danni contro lo Stato. La richiesta è stata però respinta nei giorni scorsi dal Tribunale Civile di Firenze e la polemica che si è venuta a creare ha alzato un gran polverone. La sentenza di Firenze ha definito le conclusioni della Commissione “un atto politico”, e il caso in questione “ prescritto”.
“E’ scandaloso che sia stato screditato il lavoro della Commissione, si era appurato che si è trattato di una strage e che le persone a bordo del traghetto diretto ad Olbia, quel 10 aprile 1991, si potevano salvare se fossero state soccorse – queste la parole di Luchino Chessa, figlio del Comandante del Moby Prince, che quella notte nel porto di Livorno perse entrambi i genitori – Una Commissione parlamentare ha valenza inquirente e i suoi risultati sono dunque attendibili, come è capitato per altre Commissioni istituite”.
Dopo l’invio di una lettera alle più alte cariche dello Stato, i componenti delle due storiche associazioni dei parenti delle vittime si sono unite in un solo coordinamento, per preparare il ricorso in appello. “Noi vogliamo conoscere i responsabili. I parlamentari Mario Michele Giarrusso, Andrea Frailis e Andrea Romano si sono fatti promotori della proposta in Senato, la nuova Commissione dovrebbe far ripartire le indagini e anche approfondire gli aspetti che ancora non sono stati valutati a pieno, come le famose tracce audio da analizzare in toto. Noi non ci fermiamo”, dichiarano le associazioni dei familiari che puntano non tanto ad un risarcimento in denaro ma ad ottenere giustizia.
Ciò che è stato confermato dalla prima Commissione è che non può essere stata la nebbia a causare la collisione con la petroliera Agip Abruzzo, che si è trattato di omissione di soccorso da parte di chi avrebbe dovuto scegliere di salvare centoquaranta vite – tra cui numerosi sardi). Ecco perché lo Stato, insieme all’armatore proprietario della nave, Vincenzo Onorato, sono stati parte in causa. Non si conoscono le tempistiche delle prossime mosse, ma è certo che ora è prevista una nuova partenza.