Aleggia un velo di mistero sulla decisione del giudice del Tribunale civile di Nuoro, Salvatore Falzoi, che ha ordinato con un decreto di “non pubblicare o divulgare il libro Bandito – Matteo Boe: la vita, il carcere, la libertà”, scritto dalla giornalista Laura Secci, edito Il Maestrale di Nuoro.
A dare la notizia l’Ansa e La Nuova Sardegna. Quest’ultima dal 9 gennaio scorso aveva distribuito il libro in tutte le edicole in abbinamento al quotidiano.
La richiesta di bloccare il libro proviene direttamente dall’ex bandito sardo, che attraverso l’avvocata Anna Rita Mureddu ha presentato al giudice le ragioni che hanno portato al provvedimento. Il giudice ha accolto la domanda cautelare fissando per il 21 gennaio alle 9.30 l’udienza di comparizione delle parti.
Il libro nasce dopo un lavoro certosino da parte della giornalista Laura Secci. Di origini sarde, con una laurea in Fiosofia conseguita all’università di Pisa, la Secci, dopo una lunga parentesi nell’ esercito, ha iniziato nel 2009 a scrivere per il quotidiano La Stampa. Nel 2012 inizia la lunga collaborazione con Boe. All’epoca il bandito sardo si trovava ancora in carcere a scontare 25 anni di reclusione, 20 dei quali inflitti dalla condanna per il sequestro del piccolo Farouk Kassam, rapito in Costa Smeralda nel Gennaio del 1992.
E proprio Laura Secci è la persona che ha atteso Boe fuori dal penitenziario, il giorno della sua scarcerazione, il 25 giugno del 2017.
Sia l’autrice che l’editore sembrerebbero ignari sulle ragioni che hanno portato Boe ad inoltrare questa richiesta in Tribunale.
Nel libro viene raccontata la stagione dei sequestri, l’evasione dal carcere dell’Asinara e la scarcerazione. Un sunto romanzato che cerca di rispondere alla domanda che molti si sono posti in quel periodo: quali sono le ragioni che hanno portato uno studente colto e benestante degli anni 70 a diventare un bandito?
Oggi come allora le questioni legate all’ex bandito di Lula sono sospese nell’arcano.