Ancora tante le criticità presenti presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale San Martino di Oristano, questa la denuncia del Sindacato delle Professioni Sanitarie FSI USAE e della portavoce Beatrice Mura. Quello che si chiede con urgenza alle autorità, è un intervento immediato e risolutivo che garantisca l’incolumità degli infermieri, sempre più provati da un’emergenza sanitaria senza fine. Un riscontro doveroso nei confronti di chi, per tutti questi mesi, ha donato il proprio sapere e lo ha messo a disposizione della collettività di tutta la Provincia di Oristano.
Nonostante le diverse segnalazioni, mosse con la speranza che si potesse ottenere qualche miglioramento, continuano a pervenire numerose lamentele da parte degli infermieri. Tanta la preoccupazione, si pensa non solo a preservare l’incolumità fisica ma anche quella psichica, che sembra essere al limite del sopportabile. Il tutto enfatizzato da un fatto increscioso avvenuto nei giorni scorsi e del quale, la Federazione Sindacati Indipendenti, richiede un’attenta e scrupolosa valutazione, affinché un errore in termini di Clinical Risk sia per i pazienti che per gli operatori non accada nuovamente.
Infatti, il Responsabile dell’Unità Operativa PS di Oristano ha effettuato un ordine di servizio ad una infermiera per trasferire una paziente con codice rosso presso un’altra struttura senza assistenza medica: atto grave e perseguibile. Sembra che, durante le ore notturne, la presenza del medico sia limitata ad una sola persona occupata con i tanti pazienti che accedono al Pronto Soccorso e in attesa di essere ricoverati nel reparto di Medicina, questo avrebbe impedito di poter accompagnare la paziente di 28 anni, e con seri problemi clinici, i quali richiedevano un trattamento medico immediato.
“Mi domando come sia stato possibile non reperire un medico disposto ad accompagnare una giovane paziente, in tutta la Assl – ha commentato la segretaria Territoriale Oristano Beatrice Mura –. Aver trasferito, presso altra struttura, un codice rosso senza figura medica significa aver messo a rischio la vita del paziente e dell’infermiere. Chiedo vengano fatte le giuste verifiche del caso, la tutela della salute e degli operatori non deve mai venir meno per non incorrere in azioni di tipo legali. Simili comportamenti non sono più accettabili – ha affermato a denti stretti Beatrice Mura –. Atteggiamenti irrispettosi verso chi, da quasi un anno, si adopera con sacrificio e abnegazione per far funzionare la macchina sanitaria in favore dei malati, e di chi si è trovato a dover combattere questo maledetto virus, senza conoscere riposi, ferie, per senso di appartenenza al proprio luogo di lavoro e di responsabilità. Nessuna medaglia è stata pretesa, si richiede solo rispetto. Gli infermieri non sono carne da macello”.
Situazione diventata insostenibile e rischiosa, soprattutto in questi giorni di sovraffollamento, sia per gli utenti che accedono alla struttura che per il personale coinvolto, il quale si trova a dover assistere i pazienti senza i mezzi più basilari come una barella, tutte occupate dai pazienti che attendono il ricovero lungo i corridoi e le sale di attesa, dove la privacy non è più garantita ed il caos rende difficile l’efficienza del servizio da erogare. Nonostante ci siano i letti, il reparto di Medicina è ormai saturo, il personale sanitario è al minimo e questo ha reso necessario ridurre a 20 il numero dei posti letto. Tutto questo crea un forte disagio per non parlare del sovraffollamento, difficile da gestire con le poche risorse umane presenti e provate.
“I pazienti, prima di accedere al PS, vengono sottoposti a controllo con tamponi e/o antigenico – ha spiegato la segretaria Beatrice Mura –. Ciò comporta delle problematiche non di poco conto: i pazienti stazionano in ambulanza, o in macchina, per ore; il laboratorio ha la sua mole di lavoro e non sempre è possibile avere i risultati nel giro di un’ora; l’infermiere deve monitorare i pazienti fuori dal PS anche sotto l’acqua, viste le condizioni meteorologiche di questo periodo; la rivalutazione nella fase di triage è di vitale importanza per la riuscita della cura, senza contare tutte le attività assistenziali eventuali da intraprendere”.
Sulle nuove modalità di pre-triage negli Ospedali Covid free – come da nota a firma del Direttore Sanitario Dottor Carboni, viene disposto che: “I pazienti in arrivo saranno sottoposti a test molecolare rapido e, in ragione dell’esito, accettati con test negativo oppure indirizzati ad Ospedali Covid, nei casi di esito positivo. Il test […] sostituisce in toto la fase di pre-triage, come in occasione della prima emergenza epidemica di marzo 2020.”
Questo purtroppo non avviene. Al contrario, viene disattesa in quanto il responsabile fa accedere tutti i sospetti a prescindere dal codice. L’Infermiere si deve occupare, dunque, non solo dei pazienti che attendono il ricovero in Medicina, ma anche dei pazienti del PS e dei pazienti positivi che accedono all’isolamento, nonostante non siano dei codici rossi. Ciò implica maggior carico di lavoro per gli infermieri, già oberati e psicologicamente provati.
Non è tutto. Un altro punto critico, che sta generando caos e confusione, è quello relativo i vaccini. Vaccini si oppure no? A chi somministrarli? Queste alcune delle domande che si pone il Sindacato delle Professioni Sanitarie FSI USAE.
“Caos e disorganizzazione, malcontento nelle fila di infermieri, tecnici di radiologia, laboratorio, prevenzione, fisioterapisti, ostetriche, oss che, ad oggi, si ritrovano a sentire pareri discordi – afferma Beatrice Mura –. Poca chiarezza e trasparenza, eppure ci si dovrebbe attenere al piano vaccinale definito dall’ARES per redigere quello della propria area di appartenenza. Gli stessi Medici di Base ne avevano richiesto la somministrazione cosa che è avvenuta ieri, 9 gennaio. In un comunicato è stato stilato un elenco ospedaliero ed uno territoriale – continua Mura – . Tuttavia, in quello territoriale, compaiono: operatori e ospiti delle RSA, operatori della Casa di cura Madonna del Rimedio, medici del territorio, guardie mediche, personale servizio igiene pubblica e team vaccinatori. Mi chiedo dove siano stati collocati gli infermieri delle CDI, che ogni giorno si recano a casa dei pazienti per assisterli in ambienti non protetti. Si fa una fatica immane a garantire i servizi territoriali con le poche risorse a disposizione e i DPI sempre più risicati; in più ci si trova di fronte a scelte poco congrue e corrette e a dover mendicare un vaccino, per non parlare di poter eseguire un tampone, in quanto gli infermieri del territorio si trovano in un limbo che a pochi interessa. Invierò una nota all’Assessore alla Sanità Mario Nieddu per metterlo al corrente dei fatti”, conclude.