Il Carnevale in Sardegna ha da sempre un sapore particolare: è espressione del popolo e delle sue antiche tradizioni legate al mondo rurale. Può essere sicuramente compreso tra le eccellenze culturali del territorio. Dal nord al sud dell’Isola, molteplici e diversificati fra loro risultano i riti e i festeggiamenti legati a questa festa, senza dubbio la più pazza, variopinta, allegra di tutto l’anno. Festeggiamenti che purtroppo, a causa dell’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione della Covid19, sono stati annullati per il 2021 in tutto il paese.
Le radici del Carnevale sono profonde nella storia: le feste dei Greci in onore del dio Dionisio e i “saturnali” dei Romani avevano in comune con i moderni festeggiamenti carnevaleschi l’uso del travestimento, il fatto di rappresentare un temporaneo “rovesciamento dell’ordine precostituito” da cui la pratica dello scherzo e della dissolutezza.
Il Carnevale di Bosa “Su Carrasegare ‘osincu”, è vissuto come un rito collettivo a cui partecipa tutta la comunità bosana e che fa del disordine un canovaccio teatrale per un’allegoria durante la quale si ridicolizza la vita quotidiana con atteggiamenti a volte un po’ “osé”. E’ diverso dai più seriosi carnevali sardi; qui si sprecano satira e ironia e un bisogno di libertà e di spregiudicatezza, dopo il lungo buio inverno, che si manifesta con un’euforia collettiva, la simbologia sessuale e un clima scalmanato tipico di un baccanale.
I festeggiamenti iniziano generalmente con i falò in onore di S.Antonio, il 16 gennaio. Unico momento in cui lo spirito religioso entra in una celebrazione tutta pagana. Tra gli eventi più importanti è da ricordare la sfilata dei carri e delle maschere il giovedì grasso, la regata in maschera sul fiume Temo il sabato e soprattutto s’attittidu e Gioldzi il martedì grasso.
Cantine aperte che generosamente offrono malvasia, grigliate all’aperto per tutti e per tutta la settimana trasformano la cittadina di Bosa in una grande casa che accoglie tutta la comunità e tutti coloro che, riponendo temporaneamente schemi e imposizioni sociali, danno liberamente sfogo all’aggregazione, al divertimento comune e alla licenziosità andando anche “oltre le regole”.
Il Martedì Grasso, giornata conclusiva dei festeggiamenti carnascialeschi, è la giornata in cui le case si svuotano e le strade diventano fiumi di “attittadoras”. Dai più piccini ai nonni, tutti sono vestiti di nero come le anziane in lutto: gonna lunga, scialle con le frange e viso tinto con un sughero bruciato per mettere in scena “s’attittidu”, ovvero il lamento funebre. Lamenti esilaranti, una pantomima da teatro popolare.
Le “attittadoras” girano per il paese con un bambolotto in braccio o dentro una carriola – tutti sono attori e spettatori– chiedendo un goccio “unu tikkirigheddu e latte” per sfamare il bimbo che sta morendo, ovvero il carnevale che è giunto al termine. Vagano porgendo il bambolotto verso il seno delle donne chiedendo latte e spesso ricevendo Malvasia!
Per le vie principali della cittadina è tutto un tumulto di maschere nere, riso, sberleffi e allusioni sessuali. L’intera comunità di Bosa partecipa alla festa di carnevale con spirito parodistico e satirico e soprattutto con spontaneità. La festa infatti è legata saldamente all’improvvisazione ed è estremamente divertente, goliardica e coinvolgente.
Al tramonto del sole si assiste ad un cambio di scena. Le maschere nere delle attittadoras lasciano il posto alle maschere bianche, le anime del carnevale che sta morendo. Un lenzuolo bianco e una federa in testa, in mano un cestino con una lanterna dentro, cercano Re Carnevale. Dal tardo pomeriggio e per tutta la notte si cerca Gioldzi in una cittadina illuminata solo da lumi e lanterne. Nel buio, scherzi, risate, elementi sfrenati di fantasia nella variante, seppur ludica, del sesso.
“Ciappadu, ciappadu” è il grido che echeggia al ritrovamento di Re Gioldzi – molti, a forma di pupazzo nascosti dappertutto -. Una volta ritrovati, a tarda notte, vengono tutti bruciati in un grande falò. Così muore il carnevale, così si concludono i festeggiamenti del “Carrasegare ‘osincu”, tra i più particolari ed irriverenti carnevali sardi.
Re Gioldzi diventa cenere decretando la fine del baccanale e dando il benvenuto al nuovo giorno in arrivo: mercoledì, primo giorno di quaresima!