Nessun “Carrasciali” quest’anno nell’alta Gallura. Il covid ha cancellato una delle manifestazioni carnevalesche più antiche e sentite del Nord Sardegna, il Carnevale di Tempio. Questo evento attirava ogni anno migliaia di persone, anche quando le temperature erano prossime allo zero i tempiesi non rinunciavano alla loro festa.
Carnevale è una parola che echeggia musica, balli, divertimento. In un clima di festa gli assembramenti sono necessari e obbligati, motivo per cui, in periodo di pandemia risulta veramente impossibile organizzare qualcosa. Un grande colpo per l’ economia di Tempio. Oltre alle sfilate, nella cosiddetta “6 giorni”, si organizzavano mercatini e veglioni in maschera. Il famoso Parco Tenda, progettato per contenere fino a ottomila persone, attirava un gran numero di giovani da tutta la Sardegna.
I carri allegorici sono realizzati dalle associazioni carrasciali che ogni anno cooperano per la creazione di spettacoli dal sapore bizzarro e originale. Proprio l’originalità del tema è la prerogativa principale per ciascun gruppo.
Oltre alla ricerca del tema, la realizzazione dei carri prevede mesi e mesi di lavorazione. Progettisti, mastri carrasciali che allestiscono maestose opere in cartapesta, abili sarte che confezionano centinaia di abiti a tema. Le rappresentazioni dei carri sono spesso legate a temi di attualità, fatti e avvenimenti anche molto significativi della storia contemporanea vengono filtrati e riprodotti in chiave ironica, un modo intelligente per rappresentare il mondo in modo dilettevole.
Accanto alle maschere tradizionali,che hanno contribuito alla rievocazione storico musicale della città, spiccano oggi nuove e simpatiche figure allegoriche, che rappresentano personaggi della politica, dell’economia ma anche dello spettacolo e dello sport, tutte rivisitate in maniera buffa e burlesca.
La storia del carnevale di Tempio ha radici antichissime: si pensa addirittura che sia sorto prima dell’avvento dei romani. Inizialmente si trattava di feste pagane, che si svolgevano nei primi mesi dell’anno, quando il lavoro della terra veniva interrotto per far riposare i campi e i contadini potevano concedersi dei giorni di riposo e divertimento. In questo periodo si poteva giocare, ballare e far festa. Proprio in età preromana nasce il personaggio di Re Giorgio considerato come lo spirito della terra fertile che come da tradizione, veniva sacrificato periodicamente per conquistare la benevolenza degli dei. Questa importate figura, chiamata Gjolgju col passare del tempo ha delineato le caratteristiche del personaggio allegorico nominato Lu Traicoggju una figura un po’ uomo e un po’ bestia, che rappresenta le anime morte.
Oggi viene raffigurato come un uomo che malandato, cammina trascinando con se pentolacce, padelle e catene, come simbolo di presenze oscure. Gjolgju dopo uno spettacolo che lo vede protagonista in un processo in cui lui è l’accusato, viene condannato al rogo. Il Carnevale si conclude con il grande fuoco di Re Giorgio compianto dalla moglie Mannena. Nella tradizione popolare le fiamme hanno scopo di allontanare il male e auspicare il bene.
“Tutti noi auspichiamo che il male portato da questo virus l’anno prossimo possa essere solo un ricordo. Ritorneremo a scherzare, a danzare e a sorridere tutti insieme – ci dice una signora di Tempio – perché così è la vita”.