Questo 2020 sta per giungere a termine, un anno diverso, che ha visto nascere termini mai coniati prima. Una delle parole che ha rimbombato di più nei mezzi di informazione è stata “Dad”: due consonanti e una vocale che stanno ad indicare un nuovo modo di approcciarsi all’ istituzione Scuola attraverso una Didattica a distanza. Distanza, altro vocabolo che ha caratterizzato la nostra vita dopo l’avvento del virus Sars-Cov-2, essenziale per contenere la diffusione dei contagi.
Nel mese di marzo, quando quella che sembrava una banale influenza stava iniziando a mietere diverse vittime, quando l’epidemia si stava piano piano trasformando in pandemia, diversi stati, tra cui l’Italia, hanno optato per la chiusura degli Istituti scolastici di ogni ordine e grado. Così milioni di alunni e studenti delle scuole primarie e secondarie si sono ritrovati a casa in attesa di sapere come si doveva procedere.
L’allontanamento dai compagni e dalle insegnanti è stato quasi brutale. Il primo canale utilizzato per non spezzare quel legame così importante è stato sicuramente quello di whatsapp. Le chat dei genitori pullulano di compiti, spiegazioni e soprattutto di “ognuno dice la sua”. Le dirigenti scolastiche cercano soluzioni perché non si perda il contatto con gli alunni e propongono delle lezioni in videoconferenza. Sono tante le problematiche che si presentano. Molte famiglie non hanno i dispositivi necessari e in alcune zone non arriva una connessione internet veloce che permetta un collegamento alla rete uniforme.
Si creano inevitabilmente gruppi e fazioni tra genitori e insegnanti. Ognuno propina i suoi problemi. Per chi lavora anche in periodo di pandemia sorge il problema di gestire i figli più piccoli durante i collegamenti ; per chi ha più figli e un solo dispositivo è una corsa continua all’ organizzazione di spazi in casa e orari diversificati. In questo marasma di persone non è possibile compiacere e aiutare tutti. È capitato anche che molti insegnanti, poco propensi alla tecnologia, abbiano rinunciato alle videolezioni preferendo il caro vecchio telefonino.
E i bambini, i ragazzi? Nessuno ha chiesto il loro parere. Nel giro di poche settimane si sono ritrovati a parlare con lo schermo di un pc o di un tablet. Zoom, Skype, Meet, e tante altre piattaforme on line sono diventati la loro scuola. Manca l’elemento fondamentale della vita sociale di classe, il contatto, gli sguardi, i mimi, e si impara a convivere con la glacialità di uno schermo. Una convivenza necessaria per non perdere la continuità didattica in questo anno strano ma anche per uscire da quell’ isolamento che ha rischiato di devastare più del virus.
Dopo la pausa estiva, a Settembre arriva la lieta novella: si rientra a scuola in presenza. I dirigenti hanno lavorato tanto per organizzare, dove è stato possibile, un rientro in sicurezza. Il virus però riprende vigore e già a fine settembre si registrano i posticipi delle date per il rientro in presenza.
Nel corso di questi tre mesi diverse saranno le classi chiuse in quarantena e diverse le normative d’urgenza che optano per la chiusura degli Istituti Superiori. In entrambi i casi si ritorna alla Dad, l’incubo di alunni, insegnanti e genitori ma l’unico modo per mantenere un’ interazione tra scuola, alunni e famiglie che rappresenti il senso di appartenenza ad una comunità che ha un fine unico, quello educativo.
Si ripresentano i problemi di Marzo sia per quanto riguarda gli strumenti che le risorse. La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina firma, il 2 novembre, il decreto che assegna alle scuole 85 milioni di euro per la didattica digitale integrata stanziati con il ‘Decreto Ristori’. Alla Sardegna spettano 2.808.166,38 euro, ripartiti su 274 Istituti. I fondi serviranno per l’acquisto di dispositivi digitali e strumenti per le connessioni da fornire in comodato d’uso alle studentesse e agli studenti meno abbienti per poter fruire della didattica a distanza.
Nel mese di dicembre arrivano ulteriori azioni di sostegno, rafforzamento e riqualificazione della didattica con l’utilizzo delle tecnologie, a sostegno degli studenti. La Giunta Regionale su proposta dell’assessore della Pubblica Istruzione, Andrea Biancareddu stanzia oltre 2 milioni 400 mila euro per lo svolgimento delle attività a distanza. “Questo – sottolinea Biancareddu – per la necessità di garantire lo svolgimento di attività di apprendimento a distanza degli studenti sardi, durante il periodo di emergenza epidemiologica da Covid-19 che tanto pesantemente sta colpendo il mondo dell’ istruzione”.
Circa un milione e 400 mila euro sono stati destinati ai Comuni per la didattica a distanza per implementare la connettività nelle zone molto spesso scoperte dai gestori di telefonia. I fondi sono assegnati per le scuole superiori ma si estenderanno anche alle elementari e medie qualora dovesse essere necessario ricorrere alla DAD se la situazione del contagio dovesse rendersi necessario.
Un altro milione di euro è invece destinato alle due Università sarde, a beneficio degli studenti universitari da ripartire e utilizzare secondo quanto stabilito. All’Università degli Studi di Cagliari andranno 650 mila euro mentre a favore all’Università degli Studi di Sassari vengono assegnati 350 mila euro, per l’utilizzo delle tecnologie a favore degli studenti universitari che frequentano in Sardegna corsi universitari per il corrente anno accademico 2020-2021, con la finalità di sostenere le attività di apprendimento a distanza.
Rimangono comunque i problemi che non sono risolvibili con un gli strumenti digitali. In primis quello dei bambini diversamente abili e delle loro famiglie. La Dad risulta un’azione complessa e talvolta impossibile per gli alunni con bisogni educativi speciali, soprattutto per quelli con grave disabilità intellettiva: molti di loro infatti non sono in grado di seguire le lezioni da casa se non adeguatamente supportati. Alcuni Istituti si sono organizzati per la didattica in presenza di questi ragazzi che li vede a scuola affiancati dall’ insegnante di sostegno, un sistema che se da una parte risolve un problema, dall’ altra ne crea uno peggiore, quello del disagio e senso di inferiorità rispetto ai compagni di classe. Sono probabilmente i più fragili, che ancora una volta pagheranno il prezzo più alto di questo 2020 da dimenticare.