Moda, archeologia, storia, antropologia, cinema, musica e magia si sono incontrate alla Reggia di Barumini, Su Nuraxi, dando vita ad una sorprendente, inconsueta, emozionante presentazione della collezione autunno/inverno 2021/2022 dello stilista algherese di fama mondiale Antonio Marras, dal seducente titolo “De innui ses?
De innui ses? Di dove sei? Quando l’identità di un popolo è talmente radicata e profonda è come chiedere “chi sei?” La risposta è nella sua storia, nelle sue arti, nella sua cultura e nel filo policromatico che le unisce.
Può succedere che il racconto di un’identità di un popolo si manifesti attraverso forme espressive inusuali ma altrettanto efficaci purché parlino il linguaggio delle emozioni.
E’ successo alcuni giorni fa alla Reggia di Barumini che ha ospitato una narrazione della storia, dell’identità e della memoria plurimillenaria della Sardegna con un evento quanto più lontano possa esserci dalla divulgazione archeologica e antropologica: la presentazione dell’ultima collezione di alta moda di Antonio Marras.
Le sue creazioni hanno sfilato nell’atmosfera di magia e leggenda di un angolo incantato di Sardegna, fra i più importanti siti archeologici d’Europa che, nelle parole dello stesso Marras “tutto il mondo dovrebbe conoscere, come l’Isola di Pasqua o Machu Picchu”.
La sfilata, un vero capolavoro cinematografico, un film breve, aveva un cast di 150 persone, interamente sardo “con l’intento di dimostrare che in Sardegna si è in grado di realizzare eventi con risorse locali degne dei grandi show di Milano, Parigi e New York”, aggiunge Marras. La regia è stata curata da Roberto Ortu, la fotografia da Francesco Piras e il suono da Pier Giuseppe Fancellu. Ma c’era Antonio Marras in ogni cosa, nel verde intenso del prato e nell’azzurro profondo del cielo.
Tra i resti del sito UNESCO hanno sfilato le passioni dello stilista algherese: tessuti stampati, vellutati, i colori forti, i ricami, gli scozzesi, le rose, il tulle, le piume, volumi svolazzanti; per l’uomo gessati in patchwork ricamato e felpe con scritte in sardo.
Ma anche figure fiabesche, spiriti, spose piumate, presenze femminili leggendarie come le janas, volti dalle origini multietniche che evocano la domanda del titolo: de innui ses?
Tutti insieme, uomini, donne, in un corteo aperto da due bambini, sulla strada che porta a Su Nuraxi, camminano verso questo luogo sacro, quasi un pellegrinaggio che ripercorre tradizioni ancestrali per chiedere alla dea del luogo, la Dea Madre, la fine della pandemia che tormenta il pianeta.
Al tramonto, in una magia di colori intensi e sfumati, la liberazione. Al ritmo allegro di una musica dal vivo di un artista sardo, un ballo collettivo di speranza ha gioiosamente posto la parola fine ad uno spettacolo che entrerà in quella storia che, con successo, ha voluto raccontare.